TARIFFE MASSIME OBBLIGATORIE DEGLI AVVOCATI. LA CORTE EUROPEA RESPINGE IL RICORSO DELLA COMMISSIONE EUROPEA
29.03.2011
Bruxelles 29/3/2011 - La Corte europea di giustizia del Lussemburgo (Grande Sezione) ha respinto il ricorso della Commissione Europea nei confronti della Repubblica italiana nella causa avente ad oggetto il ricorso per inadempimento in merito alle tariffe massime obbligatorie degli avvocati. All'esame della Commissione c'era anche il cd. decreto Bersani che, pur abrogando le tariffe fisse o minime applicabili agli onorari degli avvocati, ha esplicitamente mantenuto l’obbligo di rispettare tariffe massime in nome della protezione dei consumatori.
Tale interpretazione, ricorda la Corte, sarebbe peraltro confermata dal CNF, dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Torino nonché dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nei rispettivi documenti ufficiali.
La Corte, in via preliminare, ha constatato come dall’insieme delle disposizioni controverse emerga che le tariffe massime applicabili agli onorari degli avvocati costituiscono norme giuridicamente vincolanti in quanto sono previste da un testo di legge e che "pur supponendo che gli avvocati e i loro clienti siano, in concreto, liberi di pattuire contrattualmente il compenso degli avvocati su base oraria o a seconda dell’esito della causa, come fatto valere dalla Repubblica italiana, resta nondimeno il fatto che le tariffe massime continuano ad essere obbligatorie nell’ipotesi in cui non esista un patto tra gli avvocati e i clienti". Da ciò ne fa preliminarmente conseguire che "non può essere accolto l’argomento della Repubblica italiana secondo cui, nel suo ordinamento giuridico, non esiste alcun obbligo per gli avvocati di osservare tariffe massime per la determinazione dei loro onorari."
Premesso ciò, la Corte ha stabilito comunque che una normativa di uno Stato membro non costituisce una restrizione ai sensi del Trattato CE per il solo fatto che altri Stati membri applichino regole meno severe o economicamente più vantaggiose e che l'eventuale esistenza di una restrizione ai sensi del Trattato non può dunque essere desunta dalla mera circostanza che gli avvocati stabiliti in Stati membri diversi dalla Repubblica italiana devono, per il calcolo dei loro onorari per prestazioni fornite in Italia, abituarsi alle norme applicabili in tale Stato membro.
La sentenza conclude che la normativa italiana sugli onorari è caratterizzata da una flessibilità che sembra permettere un corretto compenso per qualsiasi tipo di prestazione fornita dagli avvocati. Così, è possibile aumentare gli onorari fino al doppio delle tariffe massime altrimenti applicabili, per cause di particolare importanza, complessità o difficoltà, o fino al quadruplo di dette tariffe per quelle che rivestono una straordinaria importanza, o anche oltre in caso di sproporzione manifesta, alla luce delle circostanze nel caso di specie, tra le prestazioni dell’avvocato e le tariffe massime previste. In diverse situazioni, inoltre, è consentito agli avvocati concludere un accordo speciale con il loro cliente al fine di fissare l’importo degli onorari.
Quindi, non vi è prova del fatto che le disposizioni in esame ostacolino l’accesso degli avvocati provenienti dagli altri Stati membri al mercato italiano. (GB)
QUI IL LINK AL SITO CURIA.EUROPA.EU OVE E' POSSIBILE LEGGERE LA SENTENZA
C-565/08 Sentenza 2011-03-29 Commissione / Italia Libertà di stabilimento
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