PRIVACY E GIORNALISMO - DIRITTO DI CRONACA E DIRITTI DEI CITTADINI

24.11.2008

Scaricabile gratuitamente on line la seconda edizione aggiornata del libro curato da Mauro Paissan

Clicca qui per scaricare il libro dal sito del Garante

Privacy e giornalismo - diritto di cronaca e diritti dei cittadini

Privacy e giornalismo. Oppure: riservatezza e informazione. Meglio ancora: dignità della persona e diritto di cronaca. Materia delicatissima, sulla quale il Garante si è più volte cimentato - con riflessioni, iniziative e provvedimenti - in questi nove anni di attività.

Nel 2003 l'Autorità volle dedicare un volume alla presentazione delle decisioni via via assunte dal Garante a partire dal 1997 e per consolidare un orientamento (ciò che in altri contesti si sarebbe chiamata la "giurisprudenza") in ordine al contrastato rapporto tra libertà di informazione e garanzie dei cittadini. Le diecimila copie stampate sono già andate esaurite e il titolo continua a esserci richiesto, in particolare dai giovani che si avvicinano alla professione.

Se oggi presentiamo la seconda edizione aggiornata, non è solo a causa dell'esaurimento della prima stampa. è che nel frattempo l'attività del Garante in questo campo è proseguita con decisioni innovative, mentre si sono imposte nuove sensibilità e nuove tematiche. Basti pensare alle questioni create dall'avvento di Internet, del giornalismo on line, dei cellulari, dei videotelefonini e delle nuove forme di televisione. Per non parlare della pubblicazione integrale di ogni genere di intercettazioni telefoniche. Novità sono giunte anche da recenti sentenze della nostra magistratura e delle Corti internazionali.

Da qui la volontà di aggiornare il primo volume con la pubblicazione di nuovi provvedimenti e di nuovi materiali di documentazione (è stata creata tra l'altro la sezione "Temi"). Sono stati attualizzati anche i testi introduttivi.

La questione di fondo è sempre la stessa: come trovare nelle situazioni concrete il punto di equilibrio tra valori costituzionalmente e socialmente assai rilevanti. L'accento forte posto sulla tutela della privacy non deriva da forzature spiegabili con lo specifico ruolo affidato al Garante. Se si riflette sui casi analizzati, ci si avvede che siamo di fronte a situazioni che toccano nel profondo la persona e la sua dignità, dunque un valore che non può essere impunemente sacrificato a nessun altro.

Storicamente il rapporto tra conoscenza e riservatezza si manifesta proprio nel sistema dell'informazione, e qui si scorge nitidamente la radice di una tensione forte, se si vuole la possibilità di un vero e proprio conflitto. Il più evidente polo dialettico si trova proprio nel diritto di cronaca, appunto quel diritto che, nella Boston di fine Ottocento, infastidiva il marito di una "regina dei salotti", l'avvocato Samuel Warren, e lo induceva a reagire a un eccesso di notizie mondane scrivendo con il futuro giudice della Corte Suprema Louis Brandeis il saggio capostipite in questa materia, "The Right to Privacy", apparso nel 1890 sulla Harvard Law Review e pubblicato in Italia dal Garante nel dicembre 2005.

Non è il diritto di informazione l'unico valore costituzionalmente rilevante da confrontare e bilanciare con il diritto alla protezione dei dati personali, poiché la divulgazione delle informazioni può rispondere a esigenze di sicurezza o di tutela della salute, al rispetto della libertà di ricerca, a ragioni di giustizia. Ma è certamente la cronaca, nel senso più ampio del termine, che mette ciascuno di noi davanti "all'occhio del pubblico", con effetti che non si limitano ad una occasionale violazione dell'intimità, ma possono determinare l'immagine stessa che di noi viene proiettata.

Il diritto di informazione ha il suo fondamento nella libertà di manifestazione del pensiero, nella libertà di comunicazione, e non può, quindi, essere considerato come se si trattasse di un interesse prevalentemente del giornalista. La sua ragione si trova piuttosto nel diritto di sapere dei cittadini, nella trasparenza che deve caratterizzare ogni sistema democratico. Ma libertà di comunicazione, diritto di sapere, trasparenza non possono mai cancellare il bisogno di intimità, l'esigenza di "ritirarsi dietro le quinte", soprattutto il diritto di costruire liberamente la propria sfera privata, di sviluppare liberamente la personalità, di veder comunque rispettata la propria dignità.

Parlare di dignità non è un fuor d'opera. Proprio nel riferimento a questo principio, contenuto prima nell'art. 1 della legge n. 675 del 1996 (la legge sulla protezione dei dati personali) e ora nell'art. 2 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice privacy), sta il più significativo arricchimento che la legislazione italiana ha dato alla tutela della privacy rispetto alla direttiva europea 95/46.

Il Garante ha sempre rifiutato ogni tentazione censoria e, anzi, ha favorito l'accesso alle informazioni che potevano rendere più agevole il controllo dei cittadini sull'uso del pubblico denaro e su chi è investito di responsabilità rilevanti. Ha respinto pure le sollecitazioni di chi voleva trasformarlo in un custode del buon gusto. Ma rimane fermissimo nell'adempiere alla propria funzione di tutela, dal cui rigore dipende un aspetto essenziale della libertà di ciascuno.

Il Garante

Approfondimenti:




Condividi su Facebook oppure segui la newsletter





menu